Davide Romanò fantasista dell’arte
Il concetto di fare arte per Davide Romanò racchiude in sé la necessità di fare confluire insieme nella creazione armonia, gusto e attenzione per i particolari. Questi elementi devono essere coordinati nella pianificazione a monte e devono unirsi e fondersi insieme alchemicamente. Per Davide questa esigenza performativa soddisfa sia l’assetto strutturale estetico e formale sia la potenza sostanziale insita dentro la narrazione. La dottoressa Elena Gollini ne rimarca i tratti peculiari spiegando: “Per Davide l’arte equivale simbolicamente a uno spazio sacro, che è collocato anni luce lontano e distante dal senso del profano, inteso come distrazione e disattenzione sociale, come superficialità e pressapochismo. La sua produzione diventa un simbolico tempio dell’arte, dove poter comunicare con assoluta sincerità e grande stupore, con meticolosità e massimo rispetto. Il concetto di sacro dell’arte rispecchia riflessioni profonde, che la storia artistica e culturale ha sempre sostenuto con forte convinzione e motivazione. Parimenti Davide è un artista, che ama anche sottilmente provocare attraverso le opere, muovere gli animi e scuotere le menti, innescare dei meccanismi di ragionamento e di meditazione, generando una fitta rete e trama di rimandi e richiami sottesi, che vanno saputi cogliere ed estrapolare con arguzia e intuizione perspicace. La policromia ordinata e composta costruisce idee astratte per entrare in nuovi mondi di ricerca e di sperimentazione indipendente. L’intento non è distorcere la realtà, ma bensì comunicare che essa può essere modificata e trasformata dall’artista capace, saggio e consapevole, entrando in un movimento cosiddetto alienista, un movimento artistico culturale libero, affrancato, che vuole ridare respiro vitale e riaccendere la creatività oltre la deriva degradante della società contemporanea, offrendo un solido appiglio a cui potersi aggrappare. Le opere di Davide possono prestarsi per un percorso sensoriale alla scoperta della vera arte, anche per coloro che vivono nel buio. Se l’uomo manca di unità il mondo giace a pezzi. L’arte armoniosa e completa può intervenire in concreto supporto, con i suoi colori e i suoi suoni, che rispondono agli echi di desiderio di completezza totalitaria e totalizzante. Per Davide l’arte innerva un percorso comunitario che matura lentamente nella consapevolezza e nella lungimiranza di vedute, un senso di appartenenza dove il respiro delle anime si unisce direttamente diventando un unicum, un tutt’uno e dove l’uomo privilegiato potrà osservare, catturare e saziarsi fino in fondo”.