D: Cosa intendi con il concetto di “Astrattismo Bipolare” applicato alla tua espressione pittorica?
R: Come il paziente che soffre di bipolarismo ossia di continui sbalzi d’umore e contrapposizioni tra stati di angoscia, ansia, felicità, estasi ed euforia, così i miei quadri sono rappresentati dagli stessi sintomi: repentini cambiamenti d’umore dati da pennellate molto veloci, molto dinamiche, che creano composizioni cromatiche che si alternano le une con le altre. Questo è ciò che ho definito “Astrattismo bipolare”, in poche parole continue mutazioni cromatiche caratterizzanti le mie opere, che rappresentano gli stati d’animo sia del pittore sia dell’osservatore.
D: Su quali basi e fondamenta della tradizione passata hai impostato la tua pittura?
R: Sicuramente ho preso la mia ispirazione dagli Irascibili e da Jackson Pollock. Il metodo che utilizzava nella creazione delle sue opere ovvero il “dripping” è stato per me un punto di partenza nell’esecuzione dei miei quadri. Mi aiutava a far uscire quelle emozioni, quegli stati d’animo, che all’inizio erano nascosti o che non volevano uscire e mi logoravano all’interno. Ho poi iniziato a vedere le schizzate di colore sulle mie tele e mi sono reso conto che sembravano troppo simili ai lavori di Pollock. Ho cominciato così a stendere il colore, a sfumarlo e mischiarlo, a creare queste combinazioni cromatiche che poi hanno dato vita al concetto di “Astrattismo bipolare”. Oltre a ciò, io sono un amante dell’Arte Rinascimentale, da Michelangelo a Leonardo al Tiziano, ma non prendo effettivamente spunto da questi grandi artisti; in primis, non ho le competenze tecniche adatte al loro stile e, punto secondo, sono dell’idea che ciò che è passato è giusto che rimanga passato. Nonostante il fascino e l’ammirazione che si possano provare di fronte alle opere del passato, penso sia giusto cercare di contribuire a creare nuovi generi artistici.