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Recupero crediti: un paradosso italiano

Le inefficienza della legislazione italiana in materia di recupero crediti sono molteplici e consistono nell’assenza di una sanzione penale connessa al mancato pagamento dei debiti, nell’eccessivo carico fiscale e nell’inefficacia delle procedure di pignoramento.

Tale situazione sottrae competitività e credibilità al sistema economico italiano ed è una delle principali cause della scarsa efficienza del nostro sistema economico.

Per le imprese infatti è di grande importanza poter contare su procedure di gestione dei crediti brevi ed efficaci che garantiscano la certezza degli incassi.

A questo proposito è fondamentale ricordare che ogni giorno di ritardo nell’incasso di un credito rappresenta per un’impresa un giorno in più di interessi pagati sul fido bancario.

L’eliminazione di questi paradossi sarebbe un efficacissimo viatico per le imprese italiane e restituirebbe competitività alle imprese italiane rispetto ai competitor europei.

La speculazione dello stato sul creditore

Per comprendere qual è l’atteggiamento dello Stato nei confronti di un soggetto creditore facciamo un esempio.

Un professionista conclude con un cliente un contratto avente ad oggetto una prestazione professionale e come corrispettivo della stessa le parti concordano un compenso di 1.300 euro.

Ricevuta la prestazione il cliente decide di non pagare il professionista che si vede costretto a procedere al recupero giudiziale delle somme.

Avendo un amico avvocato il creditore è si trova a dover pagare le sole tasse dell’azione legale.

Vediamo quali sono le tasse che sarà costretto a pagare il nostro professionista: 49,00 € per il contributo unificato; 27,00 € per la marca da bollo necessaria all’iscrizione a ruolo: 13,64 di marche da bollo necessarie alla richiesta delle copie decreto ingiuntivo; 200,00 € a titolo di imposta di registro sul contratto; ulteriori 200,00 € per l’imposta di registro sul decreto ingiuntivo; 30,00 € a titolo di spese di notifica del decreto ingiuntivo e dell’atto di precetto e infine 45,00 € di compenso per l’ufficiale giudiziario per il pignoramento.

Pur senza pagare nulla a titolo di compenso dell’avvocato il nostro professionista per tentare di recuperare un credito di 1.300 € ne ha dovuti spendere in tasse e e in compensi per l’ufficiale giudiziario un totale di 564,64 ovvero una somma pari al 43,5 % del valore del Suo credito.

Il deterrente penale

Un’azienda ordina ad un’altra oltre 100.000 € di merce con la promessa di pagare a 30 giorni dalla consegna.

Trascorsi i 30 giorni il pagamento, nonostante le numerose promesse, non perviene.

L’azienda creditrice a questo punto avvia tutta la procedura di pignoramento all’esito della quale si scopre che l’azienda debitrice è una scatola vuota.

A questo punto l’azienda creditrice sporge querela per truffa.

La querela viene archiviata in quanto il mancato pagamento della merce viene considerato un mero inadempimento contrattuale e in quanto tale penalmente irrilevante.

Pignoramento con sorpresa

Un creditore dopo aver seguito tutta la procedura di recupero giudiziale (decreto ingiuntivo, precetto, ecc) si reca presso la sede dell’azienda del creditore con l’ufficiale giudiziario per procedere ad un pignoramento mobiliare.

Il debitore alla vista dell’ufficiale giudiziario esibisce una fattura di vendita in forza della quale afferma di aver venduto tutta la merce di maggior valore (compresa quella ancora esposta) ad un soggetto terzo.

L’Ufficiale Giudiziario a questo punto si vede impossibilitato a pignorare la merce venduta e il pignoramento si risolve in un buco nell’acqua.